Video installazione di Simone Cireddu e Barbara Pinna (2016) presso il MEA, Museo dell'Emigrazione di Asuni
Consulenza scientifica di Umberto Cocco
Produzione Paesaggio Gramsci con il contributo di Fondazione di Sardegna e Unione dei Comuni del Barigadu
Con l'accordo Des hommes contre du charbon fra Italia e Belgio prese avvio nel 1946 la prima grande migrazione italiana del secondo dopoguerra. Andarono via anche molte migliaia di sardi a lavorare in miniera, tra il Limburgo e la Vallonia, Genk e Charleroi. Andarono via dal Sulcis e dalle aree interne, in una fascia che dalle Marmille risale sino al Barigadu, al Mandrolisai, al Goceano, al Marghine, al Logudoro, e dalla Planargia alle Baronie. Alcuni rimarranno per sempre in Belgio, altri dopo l'esperienza nelle miniere rientreranno in Sardegna. In un alternarsi continuato di memoria e oblio, luce e buio, nella video installazione LA MINA dieci minatori superstiti raccontano le loro vite di allora, le aspettative, i sogni. Volti e voci di uomini che rievocano quel che accadeva sopra la terra e sottoterra, nei pozzi, in cunicoli alti fra 45 centimetri e un metro dove erano costretti a stare sdraiati, spesso nudi, nel fango e nella melma nerastra, come nella peggiore delle trincee. Non sapevano che di guerra si trattava, un lavoro da dannati, che hanno difficoltà a descrivere, che paragonano all’inferno, nel quale si rivedono come topi che grattano, serpenti che strisciano, maiali che rotolano nel fango. Perché «la mina è mina, è un lavoro difficile: si sapeva quando si scendeva ma non quando si saliva».