Mentre il tema del festival di quest'anno è ispirato ad un'opera di Umberto Eco, l’ispirazione per il format di questa edizione è nata da un manifesto per un festival ‘sognato’ descritto dal regista e documentarista irlandese Mark Cousins nel luglio 2020. Il festival cinematografico dei suoi sogni: cento film, nessun red carpet, nessuna area VIP e film scelti dall’economista Amartya Sen e dalla cantante country Dolly Parton. E proiettati sulle loro lenzuola.
Secondo Cousins (in una più recente intervista a questa redazione, del giugno 2022), la maggior parte dei festival cinematografici sono piuttosto simili, piuttosto stereotipati. Un festival di cinema dovrebbe invece essere un evento creativo. Non basta scegliere i film, inserirli in un programma e scegliere gli ospiti. Bisogna innovare la forma.
Sempre secondo Cousins
“Ai festival dovrebbero coesistere la cultura ‘alta’ e la cultura ‘bassa’. Dovrebbero essere super-accessibili alle persone non istruite. Non si dovrebbe avere paura dei bambini. Non si dovrebbe avere paura del melodramma. Bisognerebbe mescolare il tutto con internet e l'innovazione, in modo da diventare accessibili a tutti e diffondere un messaggio comprensibile.”
“In troppi festival cinematografici si acquista il biglietto online, ci si presenta, c'è un ospite, c'è un'introduzione, c'è un dibattito, le sessioni di domande e risposte, e poi si esce. E il pubblico successivo entra. Dobbiamo modificare questa struttura. Dobbiamo immaginare di essere artisti dei dati, punk. Per questo motivo io e Tilda Swinton abbiamo fatto viaggiare un camion del cinema attraverso le Highlands scozzesi e l'abbiamo portato nelle comunità locali: perché non era mai stato fatto prima. Credo che molti festival abbiano perso il senso del gioco e dell'infanzia.”
“Organizzare un festival di cinema è come fare un film. Prima di tutto, si crea un mondo, proprio come ha fatto Steven Spielberg. Il festival deve avere una sua specifica atmosfera e un elemento chiave è la location.”
Un evento ogni giorno del festival, con una direzione artistica formata da due protagonisti della scena sarda.
Un suggerimento importante ci è venuto dal critico Neil McGlone, che organizza da anni nel Sussex un festival in cui si dà molta importanza all’intrattenimento. Come si fa per far tornare il pubblico nelle sale cinematografiche? Neil risponde che per fare uscire la gente dalle case è necessario un elemento di entertainment, che non deve essere percepito come scadimento, al contrario.
E’ proprio questo che proponiamo quest’anno al pubblico del nostro festival.
E infine, lo sviluppo del tema di quest’anno è suggerito da una frase di Giorgio Manganelli:
“Il museo[...] è fatto di oggetti unici. Ogni esempio è una preda, scovata, scavata, rubata, corrotta, scambiata, trafugata”.
Una grande collezione di oggetti unici. Ogni film di finzione, documentario, mockumentary, animazione, opera di riferimento importante o primo tentativo di un autore adolescente, è un oggetto unico, un prodotto culturale con una propria poetica che noi rispettiamo.
Per questo abbiamo tentato di realizzare un evento caratterizzato da grande diversità ecosistemica, diversità di prodotti e di processi.
E la caccia al reperto, all’oggetto, al libro, al quadro, è tema privilegiato degli heist movie.
Perché le biblioteche? Perché anche i libri sono oggetti museali. Pensiamo ad un indice dei soggetti cartaceo. Ecco quindi la grande massa di libri, di oggetti, di tracce, le collezioni, i blob.
E come fa notare lo storico Carlo Ginzburg, citando Aby Warburg In uno dei documentari in programma, “il libro di cui hai bisogno è accanto a quello che cerchi”.