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Regista del documentario ‘Disoccupato in affitto’ (2011), della webserie ‘Culurgiones mon amour’ (2013), del corto ‘Il club dei centenari’ (2016) e della miniserie tv 'I manager di Dio' (2017), attore nel film Gli amici di Freddy’ (2016, regia di Bepi Vigna), Pietro Mereu sarà a terre di confine filmfestival nel marzo prossimo per presentare la versione in progress del suo ultimo documentario, 'Il clan dei ricciai' (che ha concorso al Davide di Donatello 2018). Qui sopra vi proponiamo il trailer.

Il clan è composto di sei uomini di mare. Ciascuno di loro si racconta, e ne escono storie di gentiluomini di ventura, parenti di Corto Maltese e di Mackie Messer, che si sono ritrovati per praticare una piccola pesca pirata. Quello dei ricciai è un passato non molto lontano di grandi e piccole avventure in mare (non solo in Sardegna: c’è anche un Brindisi-Valona-Brindisi), in carcere, in città e in famiglia, che sono anche impresse e riassunte sui corpi tatuati. L’altra protagonista della storia è Cagliari, il carcere di Buoncammino, i quartieri di Castello, Sant’Elia, i suoi pontili, il ponte della Scaffa…

Si è parlato di valori, codici della malavita, rivendicazioni, senso di ingiustizia. Le storie sono più complesse: forse bisognerebbe rileggere i commenti di Danilo Montaldi alle ‘Autobiografie della leggera’  dei pescatori, cacciatori di frodo e contrabbandieri sul Po e sui laghi lombardi negli anni sessanta.

Quattro domande a Pietro Mereu.
D. Perché hai scelto queste storie?

R. Ho scelto le storie di un gruppo che fa capo a Gesuino Banchero, una sorta di boss dei ricciai. A Cagliari esistono altri ricciai, ma io ho conosciuto questi durante le riprese del film ‘Gli amici di Freddy’, e ho instaurato con loro un immediato rapporto di simpatia. I primi che ho conosciuto sono stati Gesuino e Massimo, poi Gesuino ha portato Andrea e mi ha parlato di Bruno, suo cugino, ricciaio detenuto a Uta. Simone è stato aiutato da Gesuino dopo che ha finito i domiciliari, Joe è una sorta di figura di collegamento tra il mondo diciamo ‘normale’ e quello dei ricciai. Ma più che Joe è la sua musica di malavita, la colonna sonora ideale per raccontare i ricciai e i loro scenari.

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Il nostro festival è completamente gratuito, e si svolge con una prima tappa ad Oristano (8 marzo, pomeriggio) e due fine settimana 'lunghi' (dal venerdì alla domenica) in due paesi dell'Oristanese: 9-11 marzo a Solarussa, di 2429 abitanti, e 16-18 marzo ad Asuni, di 344 abitanti, inframmezzati da una tappa a Sassari (15 marzo). Tra i 47 film in programma, una serie di lungometraggi e cortometraggi di autori colombiani proiettati per la prima volta in Italia, con sottotitolatura italiana; altri lungometraggi e cortometraggi di autori sardi, alcuni dei quali in anteprima, in versione integrale o in versione ancora in lavorazione. Diciannove personalità del cinema colombiano (Jaime E. Manrique, Carlos Tribiño Mamby, Sara Arango, Felipe Aljure) e sardo (Enrico Pau, Pietro Mereu, Bonifacio Angius, Bepi Vigna ...) ci faranno compagnia, presentando i propri lavori e il proprio modo di raccontare insieme al direttore artistico Marco Antonio Pani. Ci sarà infine una presenza e un evento a sorpresa.

Perchè in paese? Perchè nel 2005, il primo anno, il festival si è svolto ad Asuni, in un contesto insolito e insieme spettacolare: il grande anfiteatro all'aperto nel centro del paese. Ecco le foto e il racconto dell'anno zero (foto di Stephan Van den Zegel).

Il paese, anzi i paesi (Asuni e Solarussa) restano alla base del spirito del festival. Un festival non competitivo, senza tappeti rossi, in cui molti incontri e dibattiti si svolgeranno, come negli anni scorsi, al bar, nelle case, in campagna.

In questo clip alcune immagini di film che verranno proiettati alla prossima edizione di terre di confine filmfestival: il cortometraggio Lux Aeterna e il lungometraggio El Silencio del Río di Carlos Tribiño Mamby, regista e sceneggiatore colombiano che si è aggiudicato numerosi premi in festival internazionali, come il FEBIOFEST di Praga e il festival del cinema colombiano a New York.

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